La sua capacità di fornire consulenza ai pazienti è da sempre uno dei compiti più importanti del farmacista, che mette in luce la sua professionalità e contribuisce a tutelare la salute dei cittadini offrendo informazioni e consigli, e incoraggiando l’aderenza terapeutica con un presidio sanitario più capillare e accessibile rispetto a medici di base e cliniche.
La pandemia ha però innescato un cambiamento che difficilmente potrà essere completamente disfatto: la riduzione della presenza nel punto vendita fisico, sia come volume di traffico, sia come tempo di permanenza.
In termini di traffico, i dati Iqvia indicano, in media, un calo del 9% degli scontrini battuti da marzo a dicembre 2020 rispetto ai corrispondenti mesi del 2019 e questa percentuale sale a 22% a gennaio e febbraio 2021.
In termini di permanenza, una ricerca di Focus Management mostra che durante il lockdown il tempo trascorso in farmacia è calato del 71,5% rispetto a prima della comparsa del coronavirus; nei periodi di zona gialla il calo si ferma al 43%, ma esperti del settore ritengono plausibile che nel prossimo futuro si assesterà a metà strada tra questi due valori, più che dimezzando la possibilità di interazione tra farmacista e paziente.
Questo fenomeno però non è solo scatenato dalla paura di essere contagiati, è il punto di convergenza di diversi fattori portati alla luce dal coronavirus.
Uno dei vantaggi di rivolgersi al farmacista per un consulto è, come già evidenziato, la sua maggiore accessibilità: generalmente non si deve attendere molto per riuscire a parlargli, a differenza della visita dai medici di base.
Tuttavia, nel momento in cui questi ultimi hanno dato la loro disponibilità su altri canali di contatto durante la pandemia, come WhatsApp, una parte dei pazienti ha preso familiarità con lo strumento e lo ha trovato più comodo, riducendo la necessità di rivolgersi al farmacista.
Questo fenomeno, congiunto alla riduzione di prescrizione di farmaci etici, ha penalizzato farmacie e parafarmacie: il cliente si reca meno spesso nel punto vendita, concentrando i suoi acquisti (il valore medio dello scontrino è infatti aumentato) e limitando l’interazione con il farmacista.
Significa forse la fine della farmacia tradizionale? No, ma il farmacista deve rendersi conto che non si tratta di un fenomeno passeggero e che deve ripensare al suo modello di business e trovare nuovi modi per valorizzare la sua professionalità.
Avendo individuato le cause della riduzione di traffico e permanenza in farmacia, possiamo anche identificare le strade che si possono percorrere per invertire la tendenza:
- Aprire nuovi canali di comunicazione con il paziente, assecondando le abitudini sviluppate con il medico di base;
- Potenziare l’erogazione dei servizi, dando al paziente nuovi motivi per venire in farmacia e valorizzando le competenze del farmacista;
- Offrire strumenti per acquistare dalla farmacia compatibilmente con i nuovi tempi di permanenza, come sistemi click&collect.
In tutti e tre questi casi, il digitale aiuta la farmacia tradizionale a ridefinire la sua identità e il suo modello di business rispondendo ai cambiamenti di mercato:
- Chatbot e IA possono gestire una parte delle richieste su WhatsApp, chat e altri canali di contatto rispondendo automaticamente alle domande più frequenti e lasciando al farmacista quelle più tecniche;
- Un’applicazione per smartphone può essere usata per scorrere il catalogo dei servizi e prenotarli, recandosi in farmacia solo all’orario indicato ed evitando così attese;
- Una piattaforma eCommerce può essere usata per gestire il click&collect, così come WhatsApp, Facebook Messenger e gli assistenti vocali, su cui si può effettuare tutto il processo di acquisto in self service se integrati con il magazzino della farmacia.
Farmakom offre tutte queste soluzioni per digitalizzare la farmacia tradizionale e aiutare il farmacista a far evolvere il suo modello di business.
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